Cari lettori,
oggi nel blog parliamo del libro "Le quattro donne di Istanbul" di Ayşe Kulin, torniamo nel meraviglioso mondo turco con un'autrice, sceneggiatrice ed editoriale molto famosa in Turchia.
Recensione
Gerhard Schliemann e la sua famiglia vivono in Germania, siamo negli anni trenta del Novecento e la situazione politica sta cambiando, iniziano le persecuzioni naziste e per gli ebrei, i comunisti o chiunque si opponga al nuovo regime le cose si stanno mettendo molto male. Gerhard decide di andarsene prima in Svizzera ma poi in Turchia, dove si stanno rifugiando insegnati, scienziati, professori e intellettuali chiamati a modernizzare l'università turca.
E' difficile adattarsi a un nuovo paese, a una nuova cultura, riuscire a integrarsi in Turchia, che è una nazione completamente diversa rispetto alla Germania, l'autrice ci racconta tutte le difficoltà che incontra Gerhard e la sua famiglia, la narrazione prosegue con le generazioni successive fino ai giorni nostri.
Nonostante la storia di questa famiglia sia romanzata, i fatti politici che vengono raccontati sono realmente accaduti, questo rende il romanzo sicuramente più interessante.
Ho apprezzato moltissimo il modo in cui l'autrice ha descritto la bellezza della città di Istanbul e di Ankara, le luci, gli odori, i colori di due città meravigliose, il fascino della loro cultura e delle loro tradizioni.
La prima parte, la fuga dai nazisti, inserirsi in una nuova città mi ha colpito e appassionato molto, il ritmo però cambia e rallenta molto quando la narrazione si concentra sui figli di Gerhard e sugli anni del dopoguerra.
La Turchia, nel Novecento, è stato un paese che era in continua evoluzione, negli anni trenta la Repubblica turca era appena nata e Mustafa Kemal Atatürk fu il primo presidente e l'eroe nazionale, un monumento per il paese, infatti viene ricordato ancora oggi. Atatürk fu l'uomo che porto sia la democrazia ma soprattutto che iniziò a modernizzare la Turchia e che la liberò da secoli di dominazione ottomana.Da quello che possiamo leggere in questo libro il ritratto della Turchia negli anni trenta è ben diverso rispetto a quello di oggi, prima troviamo un paese accogliente, che accetta le diversità e ne trova degli spunti per migliorare mentre ai giorni nostri troviamo invece una situazione differente. Oggi, si evince dal testo, la Turchia è più intollerante e meno incline ad accogliere culture diverse, non so se sia così vero dovremmo leggere di più per approfondire l'argomento, è un paese diverso dal nostro non per questo peggiore però.
Il titolo del romanzo mi ha lasciato perplessa "Le quattro donne di Istanbul" è una traduzione errata a volte non erano le donne le protagoniste, nella prima parte direi che Gerhard aveva un ruolo principale e la sua storia era anche interessante, il titolo originale è "Without a Country" che trovo più azzeccato per quanto riguarda il testo che ho letto, pure la cover non centra più di tanto. Come dico sempre le case editrici dovrebbero fare più attenzione alla traduzioni, sicuramente inserire nel titolo Istanbul che richiama il precedente successo dell'autrice "L'ultimo treno per Istanbul" è una mossa di marketing che potrebbe essere azzeccata.
Ci sono dei termini turchi all'interno del testo, utili sarebbero state delle note a piè di pagina per capire meglio cosa si riferissero i vari termini, come ho sempre detto io conosco il turco e anche la lingua non benissimo però per me è stato facile, per chi non sa nulla della Turchia delle maggiori spiegazioni sarebbero stati sicuramente importanti per comprendere maggiormente il libro.
Ho trovato questo romanzo piacevole e lo consiglio soprattutto a chi ama la Turchia e vuole conoscere autori nuovi.
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Trama
Dopo l’ascesa al potere di Hitler, Gerhard Schliemann, la moglie Elsa e i loro due figli, Peter e Susy, abbandonano la Germania per sfuggire alle persecuzioni naziste. Si rifugiano dapprima a Zurigo e poi, quando Gerhard riceve un’offerta dal Dipartimento di Medicina dell’Università di Istanbul, in Turchia. Mentre Susy e Gerhard sono affascinati dalla cultura turca e provano a integrarsi, Elsa e Peter sono invece fortemente ancorati alle origini tedesche. Nella città musulmana le nuove usanze avranno impatti fortissimi sulle loro vite, fino a ridisegnare i loro concetti di patria e appartenenza. In questa potente saga familiare, la Kulin racconta le sfide e le difficoltà di una vita in esilio, le ardue scelte di chi è costretto ad abbracciare un futuro incerto con una valigia piena di speranze. Un romanzo evocativo e commovente al tempo stesso, su un episodio poco noto, scritto con sapiente maestria dall’autrice più influente della letteratura turca.
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