oggi parliamo di un libro che mi ha colpito molto, si intitola "Fiore di roccia" di Ilaria Tuti, pubblicato dalla Longanesi, questo romanzo mi è stato consigliato da Maria (su IG @incubina e mia collega di penna su qlibri con il nome di Mian88).
Recensione
Prima di iniziare con la recensione, voglio dire che questo è il romanzo migliore della Tuti e a mio avviso supera di gran lunga i thriller con protagonista Teresa Battaglia.
Ilaria, anche se non credo leggerai mai questa mia recensione, vorrei che continuassi a scrivere dei romanzi storici, per me in questo genere risulti più convincente.
Questo libro ha come protagoniste le portatrici carniche, donne che nella prima guerra mondiale, trasportavano rifornimenti e munizioni con le loro gerle; queste erano delle ceste di legno o di vimini a forma di tronco di cono rovesciato, dotate di fettucce per essere portate sulle spalle.
Chilometri e chilometri a piedi, dove non c'era fatica, condizioni climatiche o salite impervie che impedissero a queste donne di aiutare i soldati fino alle prime linee, dove combattevano gli alpini.
Queste donne sono state dimenticate da tutti, dai libri di storia, dalla gente e io per esempio non ne avevo mai sentito parlare.
Il loro contributo è stato "semplicemente omesso".
"Lupe stanche, cuccioli affamati. Si renderebbero contro del branco morente che siamo"
Conosciamo la storia di alcune di loro, Caterina, Viola, Lucia, Maria e in particolare Agata Primus, che possiamo definire la leader del gruppo e sicuramente il personaggio che verrà approfondito maggiormente.
"Il mondo che conoscevo è cambiato fino a farci sentire straniera. Il suo odore di metallo e paura mi fa stringere lo stomaco."
Agata è una donna forte che non si dà per vinta, vive con il padre ormai gravemente malato e cerca di vivere alla giornata, ma la guerra la metterà a dura prova, facendole affrontare molte battaglie difficili.
"Che cosa hanno visto più di questo, che è già al di là di quanto una mente sana posso sopportare?"
Le portatrici carniche erano donne tra i 15 e i 60 anni che ogni giorno con le loro gerle, attraversano sentieri, pendii e camminavano lunghe quelle montagne a loro così famigliari, venivano pagate una lira e cinquanta a viaggio e le loro consegne venivano segnate su un libricino . Indossavano gli scarpetz, una sorta di pantofola molto leggera di velluto, che veniva utilizzata per non farsi sentire dagli austriaci che presidiavano il confine.
"«Non conosco le rose. C'è invece un'espressione più felice che racconta la tenacia di questa stella alpina: noi la chiamiamo 'fiore di roccia'.» Il capitano Colman annuisce. «E' questo che siete. Fiori aggrappati con tenacia a questa montagna. Aggrappati al bisogno, sospetto, di tenerci in vita."Le montagne sono parte integrante della narrazione, sono anch'esse le protagoniste della nostra storia, la descrizione dell'ambientazione è magnifica, l'autrice ci fa amare quelle montagne tanto da voler visitare quei posti.
Gli uomini sono tutti impegnati al fronte e le donne cercano di dare il loro contributo, possiamo dire che le portatrici sono il primo reparto di donne nella storia, ad essere impegnato nella guerra.
La guerra è qualcosa che non ti aspetti e che non sai come affrontare, provoca molto dolore e molta sofferenza, nessuno può immaginare di vedere determinate scene di morte e desolazione.
Considerando anche l'epoca in cui è ambientata la storia, le donne non avevano assolutamente un ruolo nella società , erano relegate a sposarsi e a fare le madri, ma in questa circostanza dimostrano di avere più forza e coraggio di molti uomini.
"Li ho sognati, la scorsa notte, immersi nel sangue. Scorrevano come fiori pallidi portati a valle da una corrente purpurea."
La Tuti descrive e approfondisce in maniera curata anche le condizioni in cui vivevano le persone che non erano impegnate al fronte: la scarsità cibo, la paura di non rivedere i propri cari, l'incertezza dell'esito delle varie battaglie.
"Così vicine alla morte, non chiediamo altro che qualche riflesso di un possibile futuro."Durante la guerra è difficile capire cosa sia giusto o cosa sia sbagliato, la sofferenza ti porta al limite delle forze mentali e fisiche, ti porta a perdere la fede e la speranza in un qualcosa di migliore. Chi può giudicare l'altro?
Se ci trovassimo di fronte uno all'altro, un italiano contro un austriaco chi può biasimare l'altro di aver sparato per primo?
Siamo tutti essere umani e tutti abbiamo una dignità , una famiglia, la maggior parte dei soldati era giovane e obbligata ad andare al fronte, è normale che dopo anni di combattimento ci siano alcuni di loro che capiscono che la guerra non è giusta, che non vogliono combattere nemmeno per amor della patria.
"Chi è il buono e chi è il cattivo non è più possibile dirlo."
Lo stile della Tuti l'ho trovato scorrevole, appassionante, quasi poetico con moltissime citazioni degne di nota, io ne ho riportate solo alcune.
Il ritmo della storia è incalzante e coinvolgente, i personaggi hanno un'evoluzione nel corso del racconto, in particolare Agata che ne è la protagonista, cresce con l'andare dei capitoli ma rimane sempre coerente con se stessa e con le proprie convinzioni.
Una donna moderna, che non si lascia intimorire, che va avanti anche da sola, con coraggio, con determinazione, facendo sempre quello che ritiene giusto.
"Come su una nave, qui bisogna imparare a bastare a se stessi, a addomesticare i bisogni, a portare a termine il proprio compito quotidiano affinché quello degli altri non sia vano."
Un gruppo di donne che inconsapevolmente fanno la storia, con le loro gerle e con la loro forza a non arrendersi mai.
Un libro che riporta alla luce la figura delle portatrici carniche, donne dimenticate dalla storia, che gli uomini hanno ignorato per decenni, ma che almeno in questo romanzo sono riuscite a ottenere la loro rivincita.
Una storia emozionate e sconvolgente allo stesso tempo, che ci accompagna a scoprire una pagina della nostra storia poco conosciuta, un romanzo drammatico, vero e autentico che consiglio a tutti di leggere.
***
Trama:
Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche chi è rimasto nei villaggi, mille metri più in basso. Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle. Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame. Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore. Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione. Risaliamo per ore, nella neve che arriva fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. Il nemico, con i suoi cecchini - diavoli bianchi, li chiamano - ci tiene sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre ci arrampichiamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i «fiori di roccia». Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l'eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall'inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le mani strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire. Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta, ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.» Con "Fiore di roccia" Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.
1 commento
Sicuramente un romanzo molto poetico, ben scritto, che ha il pregio di far conoscere una pagina di storia di cui quasi nessuno aveva parlato. Se posso permettermi un appunto, la scelta di far parlare Agata in prima persona, se da una parte accresce la drammaticità e l'empatia, dall'altra stride un po', perché non è credibile che una povera contadina, per quanto con a disposizione parecchi libri, parli con un linguaggio così forbito.
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